Ivana Virgilio, 35 anni e una passione smodata per lo sport. Fin dalla tenera età ha praticato di tutto, dalla pallavolo all’atletica, passando per il basket, ma soltanto crescendo si è resa conto di quelle che erano le sue inclinazioni. Si è così affacciata al mondo degli sport da combattimento, e fino ai 27 anni ha praticato boxe thailandese.
Ma si sa, nel mondo di oggi per ottenere un lavoro si è pronti anche a sacrificare le proprie passioni. Fu così che, per dedicarsi anima e corpo a una nuova opportunità in una grande azienda, qualche anno fa Ivana ha messo da parte lo sport. Non sapeva però, che quel “mettere da parte” sarebbe stato soltanto momentaneo, e che quel lavoro le avrebbe cambiato la vita due volte.
Come hai scoperto la Spartan Race?
“Nel 2014, dopo aver dato tutta me stessa per ottenere un posto di lavoro, mi sono trovata sì con un contratto, ma senza uno sport. Un giorno, per caso, ho visto su Facebook un video di una Spartan Race, e ammirando le gesta degli atleti mi sono emozionata. Proprio come fanno i bambini, mi sono detta: “Lo voglio fare anche io”. Ho cominciato a cercare informazioni su Google, volevo assolutamente saperne di più, e ho scoperto che da lì a poco ci sarebbe stata la prima gara a Roma”.
Hai incominciato subito a prepararti per la gara?
“Sì, ma non avevo mai corso in modo serio e costante. Fatto sta che le mie gambe incominciarono a gonfiare paurosamente. Mi sottoposi a visite specifiche, ma il responso fu univoco: “Ivana, scordati di correre”. In pratica, con la boxe thailandese mi sono procurata una serie di strappi muscolari che nel tempo non si sono mai saldati e che impedivano ai liquidi di drenare correttamente. Non riuscivo però a darmi per vinta, per cui ho iniziato un allenamento specifico per potenziare la muscolatura delle gambe. All’inizio non fu facile, e dopo ogni sforzo più impegnativo ero costretta a sottopormi a massaggi di scarico molto molto profondi, ma oggi posso dire che quei problemi sono spariti”.
Correre una Spartan Race richiede uno sforzo enorme. Ci racconti come si svolge una gara?
“Una Spartan Race è una corsa che si svolge generalmente su un percorso trail, con ostacoli che possono essere sia naturali che artificiali. Sono previste quattro distanze differenti: la più breve è di circa 8 chilometri e 16 ostacoli; la più impegnativa, invece, è di circa 50 chilometri con una media di 85 ostacoli per percorso. Uomini e donne concorrono separati e suddivisi in categorie, definite a seconda dell’età del concorrente”.
Quante gare hai fatto nella tua carriera? E le tue vittorie più belle?
“La prima gara che ho corso è stata nel 2015; da quel momento non mi sono più fermata. A oggi ho fatto una cinquantina di gare. Quest’anno ho vinto l’Italian Series Spartan Race nella mia categoria, la 30-39. Sul gradino più alto del podio sono scoppiata a piangere, ma anche l’emozione fa parte del gioco”.
Spartan Race e Italia. Quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare?
“In questi ultimi anni la Spartan Race è una disciplina che si è evoluta molto. Si pensi che quest’anno la tappa di Orte, una delle principali del nostro Paese, ha contato ben 10 mila iscritti. La cosa positiva è che, per fortuna, si sta sfatando il mito che si tratti di uno sport prettamente maschile. Anche se per forza di cose la prevalenza di uomini è ancora netta, le donne sono sempre più presenti e performanti”.
Che consiglio daresti, dunque, a chi volesse muovere i suoi primi passi in questa disciplina?
“Corri, corri e corri! La corsa l’ingrediente principale di una Spartan Race. Ma non dimenticare di potenziare il tuo corpo, lavorando sulla forza con allenamenti funzionali. E poi trova un campo a ostacoli in cui andare almeno un paio di volte al mese: prendi un po’ di confidenza e divertiti!”
Senza dimenticare, ovviamente, l’alimentazione…
“Esattamente. Il cibo è la nostra benzina. L’alimentazione è parte integrante del nostro allenamento. Personalmente sono sempre stata molto attenta al cibo, e crescendo ho acquistato sempre più sensibilità sulla sua provenienza. Insomma, sto cercando di fare scelte sempre più responsabili, sto facendo del mio regime alimentare uno stile di vita. Non riesco ad affermare di essere a dieta; cerco soltanto di fare scelte consapevoli. Oltretutto adoro mangiare! I miei piatti preferiti sono sushi, pollo con patate e la pizza. Amo anche cucinare, e mi dicono che sia molto brava con i risotti”.
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
“In realtà ho scoperto una nuova passione: le lunghe distanze, ma lunghe lunghe! Tutto è a seguito di un brutto infortunio che mi ha tenuta ferma per quasi due mesi. Ho avuto davvero paura di non riuscire a riprendermi, anche perché ogni volta che riprovavo a correre il bacino mi andava fuori asse. A un certo punto, però, mi sono detta: “Se ritorno a correre, voglio farlo come se non ci fosse un domani”. Detto, fatto: appena una settimana fa ho portato a termine una 100 chilometri in Caucaso. Nel mio futuro più prossimo c’è una Trifecta Weekend mentre per il 2019 sono in programma 120 chilometri nel Sahara. Ma non è tutto: per i miei 40 anni voglio regalarmi l’Ultra Trail del Monte Bianco”.
Per concludere, quale è il tuo motto?
“Quando le persone mi chiedono: “100 chilometri, ma come hai fatto?”, io rispondo sempre: un passo dopo l’altro, dritta fino alla meta. È proprio questo il mio motto: mi pongo un obiettivo, e passo dopo passo cerco di raggiungerlo”.