di SPORT DONNA | Ago 11, 2019 | Vari | 0 commenti
Credits: Coni
Prima sembrava una voce da bar o qualcosa di più. Ora il timore di non vedere il tricolore alle prossime Olimpiadi di Tokyo e di perdere l’organizzazione di Milano-Cortina del 2026 cresce di giorno in giorno. Negli ultimi giorni alcuni atleti italiani già qualificati per le prossime olimpiadi estive di Tokyo 2020, ad esempio la nuotatrice Federica Pellegrini e la fiorettista Elisa Di Francisca, hanno urlato la propria preoccupazione per il rischio di dover gareggiare ai Giochi senza il tricolore, senza inno, senza maglia azzurra.
Nel mirino di Losanna è finita l’approvazione della legge di riforma dello sport che attribuisce al Governo la delega a intervenire sull’ordinamento sportivo. Un “intervento” che, secondo il massimo organismo internazionale, andrebbe a limitare l’autonomia che spetta al Comitato olimpico nazionale.
Ma cosa sta succedendo? I timori degli atleti italiani nascono da una lettera che il Cio (il Comitato olimpico internazionale) ha inviato al Coni (il Comitato olimpico nazionale italiano) il 6 agosto. Il testo della lettera non è pubblico, ma, il contenuto è chiaro: l’Italia rischia di essere esclusa dai prossimi giochi olimpici, di Tokyo e seguenti, e di perdere quindi anche le olimpiadi invernali di Milano e Cortina del 2026.
Il motivo? Il disegno di legge 1372, approvato definitivamente dal Senato proprio il 6 agosto. Questo è un provvedimento fortemente voluto dal governo Lega-M5s, che delega all’esecutivo il potere di disciplinare lo sport italiano. Secondo il Cio la norma rischierebbe di compromettere l’autonomia del Coni. E questo per il Comitato olimpico è inaccettabile.
Ma che cosa succederebbe se davvero all’Italia venisse sospeso o ritirato il riconoscimento del Cio? C’è il precedente del del Kuwait. Il piccolo Stato arabo è stato sospeso dal Cio nel 2015, proprio perché una sua nuova legge aveva compromesso l’autonomia del comitato olimpico nazionale. La sospensione ha comportato l’esclusione del Kuwait da tutte le attività organizzate dal Cio, in primo luogo quindi dalle Olimpiadi. A quelle di Rio de Janeiro del 2016 non fu quindi presente la bandiera dell’emirato e i suoi atleti già qualificati parteciparono da indipendenti. Gli atleti azzurri già qualificati – ad esempio la nazionale di pallanuoto maschile, o di pallavolo femminile, e via dicendo – gareggerebbero comunque ma da indipendenti, senza cioè la bandiera, la divisa e l’inno nazionale.
La situazione dell’Italia, anche se non è buona, non è nemmeno irrimediabile. Quella approvata dal Senato il 6 agosto è una legge delega, contiene cioè i principi generali – stabiliti dal Parlamento – a cui il governo dovrà attenersi nell’emanare la normativa di dettaglio. Se nello scrivere le singole disposizioni il governo saprà eliminare il rischio che l’autonomia del Coni venga compromessa, non dovrebbero esserci ulteriori conseguenze.
Al presidente del Coni Giovanni Malagà il Cio ha scritto. “Saremmo grati se Lei, nel suo ruolo di Presidente del CONI ma anche nel suo ruolo di Membro CIO che rappresenta il CIO il Italia, potesse portare queste serie preoccupazioni all’attenzione urgente delle più alte autorità di Governo e lavorare insieme con loro per perfezionare le disposizioni in questione del Disegno di Legge e renderle completamente compatibili con i principi fondamentali e con le Regole che governano il Movimento Olimpico, prima che il testo definitivo sia presentato alle autorità competenti per l’approvazione“.
Ora che il Governo di fatto è caduto tutto diventa ancora più complicato.