Dopo l’ottimo secondo posto nel girone B di serie B, la Pro San Bonifacio saluta mister Cristian Dori e accoglie Manuel Pignatelli, proveniente dall’esperienza all’AGSM Verona dove ha fatto il vice di Roberto Logega e da marzo anche il direttore sportivo. “Mi mancava il campo – ci ha spiegato Pignatelli in questa intervista – farò 150 chilometri in macchina ad ogni allenamento ma non saranno un peso. Anzi, se devo essere sincero per me è più faticoso fare un chilometro per andare a far la spesa”. Giovane ma già deciso, classe 1982, mister Pignatelli ha iniziato la carriera in panchina nel maschile allenando in serie D e in vari settori giovanili ma ora vuole provare a dare il suo contributo nel calcio femminile, da protagonista.
Manuel, che cosa ti ha spinto ad accettare l’incarico della Pro San Bonifacio?
“Mi definisco un animale da campo, nasco allenatore e mi vedo in quel ruolo. All’AGSM Verona ho fatto il vice di mister Longega ma volevo fare il Primo allenatore. Alla Pro San Bonifacio ho trovato un progetto valido con una dirigenza davvero in gamba. La squadra è formata da quella che io definisco classe operaia con delle ragazze che giocano a calcio per divertirsi e lo fanno con passione”.
Quali saranno i vostri obiettivi stagionali e come cambierà la squadra?
“Il primo obiettivo, come lo è stato lo scorso anno, sarà quello di raggiungere la quota salvezza. Poi potremmo divertirci. L’ossatura della squadra resterà quella dello scorso anno più 2-3 innesti sui quali stiamo lavorando”.
Viene dall’esperienza all’AGSM Verona, che cosa ti ha lasciato la squadra di Longega?
“Verona mi ha lasciato tanto in termini di esperienza. Lavorare insieme a mister Longega e a delle campionesse del calibro di Gabbiadini e Di Criscio, lottare per lo scudetto, in Women’s Champions League e con calciatrici da Nazionale significa stare in un ambiente dove la qualità è tanta. Si migliora solo guardando, poi allenando si apprendono facilmente le nuove metodologie. Da marzo poi ho arricchito il mio bagaglio personale, ampliando i miei contatti sia in Italia che all’estero come direttore sportivo.
Andare alla Pro San Bonifacio non è stata una scelta economica, semplicemente mi batte il cuore quando sto sul campo”.
Vista l’esperienza anche nel maschile, cosa cambia rispetto al femminile?
“Con le donne è importante la comunicazione. Pesano ogni singola parola, guardano anche le virgole e hanno una memoria di ferro. Gli uomini invece sono più lascivi, pensano solo alla partita. Al femminile però c’è più voglia di imparare e questo spesso diventa un bello scambio perché da una parte si insegna ma dall’altra si apprende”.
Cosa manca al calcio femminile italiano per competere a livello Europeo?
“Manca la voglia, in primis quella di mettersi in gioco da parte della Federazione per aiutare i club. Si fanno gli scioperi, ma alla fine non si muove mai nulla. E’ assurdo che ci siano delle ragazze che si allenano tutti i giorni e ancora vengano considerate dilettanti. In questo ambiente purtroppo si parla tanto, ma si fa poco. Penso ad esempio alla finale di Coppa Italia tra Brescia e Verona: nessun diretta televisiva, la partita è stata trasmessa solo in streaming e il premio non era altro che una “coppetta”. Bisogna migliorare tutti questi dettagli”.