Milena Bertolini non è mai scontata. Il ct della nazionale femminile di calcio quando parla coglie sempre nel segno. Come quando racconta che da bambina giocava a pallone travestendosi da bambino. «Avevo i capelli corti, mi facevo chiamare Mario». Adesso è tutta un’altra storia, le azzurre ai Mondiali di Francia hanno conquistato gli italiani stregati dalle giocate e dall’entusiasmo delle ragazze.
“Le ragazze durante il Mondiale hanno riavvicinato anche molti uomini al calcio. E’ stata la cosa più bella che mi è stata detta – continua Bertolini – le cose ora stanno cambiando, grazie alla Figc e ai progetti delle scuole. Dopo il Mondiale è aumentata la richiesta delle bambine di giocare al calcio; a loro piace molto praticare questo sport. In Italia ci sono tanti pregiudizi e, negli ultimi tempi, la situazione è peggiorata: basta leggere i messaggi all’indirizzo delle donne e degli omosessuali. Il coming out della Linari può aiutare a cambiare una certa mentalità primitiva“. Tanta strada ancora da fare e tanto da cambiare, a cominciare dal linguaggio del calcio femminile. «Sessista», lo definisce Bertolini. Lei viene ancora chiamata “Mister”, «e non mi piace. Quando c’è da marcare un’avversaria le ragazze in campo urlano: uomo. Perché così sono abituate a fare sin da bambine. Vorrei un cambiamento nel linguaggio copiato dal calcio maschile. La terminologia è importante. Bisogna lavorare sulle giovani generazioni e dare un’identità al calcio femminile».