Per capire chi è Raffaella Manieri calciatrice, basta guardare il suo palmarès, (a cui si è aggiunto il secondo scudetto consecutivo con il Bayern conquistato domenica scorsa ndr) perché i numeri a volte sono essenziali e sufficienti ad interpretare la dimensione di un’atleta che ogni giorno indossa divisa e scarpini per raggiungere obiettivi personali e traguardi di squadra, ma quando il discorso si sposta sulla persona, su ciò che si era, ciò che si è, ciò chi si potrà diventare, la questione si fa più ampia, bisogna toccare il lato umano, scovare ed orientarsi nella stessa direzione in cui si è orientata una bambina di 6 anni che un giorno si è accorta di avere una passione infinita, da sempre.
Raffaella Manieri, difensore classe ’86, dal 2013 indossa la maglia del Bayern Monaco, dopo una carriera di successi ottenuti in Italia. Nata a Pesaro, ha iniziato a tirare i suoi primi calci a 6 anni proprio nella sua città, nella squadra dell’Arzillo, dove è rimasta fino ai 13, quando poi da adolescente (e fino a 19) si è accasata alla Vigor Sinigallia. Da lì Torino prima e Verona poi (con cui ha vinto il primo titolo di serie A), l’hanno accompagnata fino all’avventura Torres. Cinque anni in terra sarda le sono valsi 4 Scudetti (uno lo aveva già vinto con il Bardolino Verona), 4 Supercoppe Italiane e 1 Coppa Italia. Poi nel 2013 una chiamata a cui non si può dire di no, quella del Bayern.
Ma quando nacque il tutto?
“Il mio primo calcio al pallone penso risalga a quando avevo due anni, difficile ricordami ora cos’abbia provato in quell’istante, certamente avrò tirato fuori da subito la mia arma migliore, il mio sorriso”.
La passione per il calcio è nata il…
“Il 21 novembre 1986, esattamente quando sono venuta alla luce io. Anche se non ti nascondo che poi ho iniziato a rubare i palloni nel campetto di fronte casa” (ride e scherza ndr).
Anche il ruolo del difensore è nato con questa passione?
“In realtà no, era centrocampista, poi mezza punta ed ala, il mio ruolo è mutato con le esigenze di squadra, ma a me non è mai interessato dove giocare, mi è sempre importato il poterlo fare”.
Pesaro prima, Senigallia poi, sono state le sue esperienza da “giovanissima”: quanto l’hanno formato e quale regola base le hanno trasmesso che ancora oggi utilizza come suo mantra?
“S.M.dell’Arzilla è stata la società ed il Paese che mi hanno formato e preparato per vivere al meglio tutte le esperienze successive, ed ognuna, ogni club incontrato sul mio percorso, mi ha aiutato a crescere, perchè non si finisce mai di imparare e sono contenta della strada che ho fatto e del come l’ho fatta. Un mantra? Il mantra sono i valori sani che ho avuto la fortuna di percepire come l’amore, la libertà, l’amicizia, la famiglia, il rispetto, la determinazione, il sacrificio ed il divertimento, tutti valori che servono dentro e fuori dal campo. Un mantra è che se fai una cosa che ti piace e ti diverte, la farai sempre al meglio delle tue qualità”.
Quando a 19 anni si è trasferita a Torino, cosa cercava?
“Professionismo, volelo solo realizzare il mio sogno, ma ho imparato ben presto le difficoltà e le differenze fra calcio professionistico maschile e calcio dilettantistico femminile”.
Dopo Torino un’altra piazza importante come Verona, poi arriva la Torres a cui si lega per cinque stagioni, vincendo tra l’altro molti trofei, che esperienze sono state? Ad oggi quali sono i ricordi più belli che la legano a questi anni?
“Sono state esperienze formative, caratteriali e tecniche, i ricordi sono i successi ma anche l’ultimo periodo caratterizzato da qualche malanno fisico, da scelte tecniche opinabili e una situazione societaria poco trasparente; mi è stato tutto utile per come ho affrontato le difficoltà”.
Come mai ad un certo punto ha scelto di cambiare radicalmente e approdare all’estero, precisamente nel Bayern?
“Avevo capito che, nonostante la mia disponibilità nei confronti della Torres, difficilmente avrei fatto parte del disegno tecnico del mister, e così, nonostante avessi delle proposte da squadre italiane, ho deciso di mettermi in gioco un’altra volta”.
Quali sono le principali differenze che ha riscontrato tra il calcio italiano e quello europeo?
“Semplicemente professionismo da una parte e dilettantismo dall’altra, vi posso assicurare che la forbice è molto ma molto ampia”.
Se le chiedessi le prime 3 cose che dovrebbe fare la federazione per dare maggior luce al calcio italiano, quali proporrebbe?
“Ne basta una, investire più denaro”.
Woman’s Champions League: purtroppo anche lei il 26 maggio sarà spettatrice, ma cosa pensa del percorso fatto dal Brescia e soprattutto del fatto che la finalissima se l’è aggiudicata l’Italia?
“Il Brescia ha dimostrato che il progetto e le vie intraprese sono quelle giuste; si è passati da 14 goal subiti in 2 partite alla prima esperienza, agli ottavi l’anno successivo, fino ai quarti di quest’anno, i numeri parlano da soli. La finale per regolamento deve essere giocata nello stato che ospita la finale del torneo maschile, mi auguro che la visibilità di questo evento possa essere da traino per uno sviluppo del settore”.
Capitolo nazionale: a che punto è l’Italia e a cosa potrebbe aspirare nei prossimi due anni? (2017 anno degli Europei)?
“Un passo alla volta, prima la qualificazione, poi vedremo”.
Gesti scaramantici?
“No, nessuno, ma sono piena d’amore: è il mio motto e quello del mio migliore amico Sergione, su cui fondo la mia vita”.
Sogni nel cassetto: quale in cima alla lista?
“Ne ho tanti e tutti molto belli, a mano a mano che li realizzerò, si formerà una lista”.
Infine: come si vede tra dieci anni? Sempre nel mondo del calcio o ci sono anche altri progetti che sta coltivando?
“Non mi ci vedo tra dieci anni, cerco di vivere al massimo giorno per giorno e vivendo nel presente, per costruirmi un futuro; se faccio al massimo quello che posso far qui ed ora, il miglior futuro arriverà da sé”.
Ultimissima (giuro): ad una giovane ragazza che volesse provare ad intraprendere la carriera di calciatrice, quali sono i consigli spassionati che le darebbe?
“Ti diranno che è una cosa che non potrai mai fare, ma tu trova il tempo per dimostrare a te stessa che si sono sbagliati”.
Due giorni fa è arrivato il secondo scudetto consecutivo per Raffaella, che con il suo Bayern ha dimostrato ancora una volta di essere la squadra tedesca più forte, ma una coppa in bacheca non potrà mai luccicare quanto una carriera così determinata, emozionante, fortemente voluta, perché questa è Raffaella, timidezza, testardaggine e sorrisi, oltre che una gran calciatrice.
E pensare che certi atleti l’Italia li lascia fuggire all’estero…