Di lei si conoscono i numeri, le imprese, il fatto che pur così giovane (@Mascia80 il suo nick su Twitter rivela la sua età) abbia collezionato un palmares che si fa fatica a eguagliare. La conosco da tempo e ho imparato ad apprezzare la sua disciplina, la sua meticolosità nel lavoro e nel portare a termine gli impegni. Non faccio fatica a credere che abbia messo insieme quello che leggerete nella sua BIO del nostro progetto.
Oggi Raffaella Masciadri, lontana dalla pallacanestro giocata, pur se sempre presente a bordo campo sia con il suo club storico del Famila Basket Schio, sia con la Nazionale Femminile, Raffaella ha deciso di dedicare la sua vita agli atleti e a supportare le loro esigenze e la loro crescita nei vari movimenti, da un posto privilegiato nei 17 giorni di Olimpiade: al suo secondo mandato come Presidente della Commissione Atleti del CONI, in carica fino al 2024, è stata ambassador dei GIochi Olimpici di Tokyo 2020.
Casa Italia: quella prima medaglia d’oro che ha cambiato tutto
Ha raccontato la sua esperienza vissuta a Casa Italia, restrizioni comprese e ha descritto l’atmosfera e come gli equilibri emotivi siano cambiati dopo la vittoria della prima medaglia di Vito dell’Aquila, che nessuno si aspettava se non Carlo Molfetta, compagno di viaggio di Raffaella e degli altri ambassador che hanno rappresentato lo sport italiano nel contesto internazionale di Tokyo come Silvia Salis e Kelum Perera. Le 40 medaglie, ospitate idealmente in un grande spazio che si andava riempiendo via via che trascorrevano i 17 giorni dei Giochi, hanno cambiato l’aria che si respirava in quel piccolo angolo tricolore, unendo le persone all’interno di quella Casa che era diventata a tutti gli effetti l’estensione della nostra grande famiglia sportiva.
Le Olimpiadi e il Covid
Puntare la rotta dei discorsi verso l’emergenza sanitaria e le misure adottate dal governo giapponese per chiudere in bolla le Olimpiadi, è stata una cosa naturale, alla quale siamo arrivate senza forzare i discorsi. La Pandemia c’è. È lì, c’è sempre stata. Talvolta passa in secondo piano o forse si è radicata e insinuata nelle nostre vite, adattandosi a noi e noi a lei. Non solo come virus ma come stato mentale. E questo è successo anche nello sport. Raffaella l’ha raccontata molto bene, dandole il giusto peso, inserendola nel discorso senza esasperare il tema e ha raccontato quale approccio ha sviluppato l’adattamento negli atleti.
L’adattamento degli atleti davanti alla Pandemia
In realtà mi ci ha fatto pensare anche Stefano Vegliani, decano delle Olimpiadi raccontate, ben 16 al suo attivo tra invernali ed estive, che nel suo intervento all’Overtime Festival “La comunicazione a cinque cerchi. Psicologia sociale, storie e racconti da Tokyo 2020” insieme agli altri giornalisti presenti. Tutti hanno posto l’attenzione sull’equipaggio del quattro senza maschile, vincitore della medaglia di bronzo: una positività rilevata a poche ore dalla gara, quella di Bruno Rosetti, e la querelle con la Gran Bretagna che, forse per le condizioni del vento che sferzava cul bacino olimpico del Sea Forest Waterway, ha di fatto causato lo sbandamento dello scafo tricolore, impedendogli di terminare l’attacco alla Romania.
Il pensiero dei ragazzi, al termine della prova, non era minimamente concentrato sulla positività di Rosetti, sostituito da Marco Di Costanzo: loro erano arrabbiati e furiosi nei confronti dei britannici (e del vento). Stavano vivendo la competizione e l’agonismo dopo aver messo da parte l’impatto che il Covid aveva avuto sulla loro performance perché si erano adattati al cambiamento. Non hanno fatto della sostituzione di Di Costanzo un anello debole ma hanno velocemente pensato a ricalibrare tutto e scivolare verso la vittoria finale.
L’emozione di essere alle Olimpiadi ti fa superare tutto
Raffaella Masciadri ha esattamente raccontato questo degli atleti a Tokyo. Ci si è adattati tutti, in maniera molto naturale, alla nuova condizione, senza soffrire dell’assenza del pubblico (soprattutto in determinate discipline) restando concentrati sulla performance, sull’obiettivo che per tutti era il podio. La pandemia non è stata una scusa e lo sport l’ha vinta, mettendo da parte le difficoltà che ha insinuato nel meccanismo delle Olimpiadi, e facendo affiorare solo il senso dello sport per gli atleti.
“Alla fine l’emozione di essere in un’Olimpiade ha superato tutto. Quelli più pesanti sono stati i controlli una volta atterrati. Le ragazze italiane del 3×3 sono uscite dall’aeroporto dopo 7 ore: il tampone all’atterraggio, le procedure amministrative, l’attivazione dell’applicazione Ocha, tutte cose che hanno richiesto molto tempo. Poi per gli atleti i tamponi giornalieri, il restare nella propria palazzina di riferimento, ma colazione, pranzo e cena nella mensa dove c’erano atleti da tutto il mondo e tutti hanno fatto a gara per scattare una foto ricordo! Una volta che sei dentro il Villaggio Olimpico l’Olimpiade la vivi lo stesso in maniera positiva.”
(Raffaella Masciadri)
Raffaella termina la sua intervista facendoci vedere la bandiera tricolore con le firme di tutti gli atleti passati a Casa Italia. E il mio pensiero va subito all’Inno, cantato tante e tante volte durante questa estate a cinque cerchi!
(le fotografie di questo articolo provengono dalla collezione personale di Raffaella Masciadri, gentilmente fornite a Sportdonna per il servizio)