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Dal coma alla Maratona di Torino, la straordinaria corsa di Giulia: “Grazie ai Rolling Pacers” – SPORT DONNA

 

“Una nuova storia inizia dalla sfida di una singola persona”. La storia a cui ci riferiamo è laMaratona di Torino, la singola persona èGiulia Brazzo. All’apparenza nulla di speciale: in fondo ha corso una maratona, come altre 1600 nell’edizione 2018 nel capoluogo piemontese. Ma quando la ragazza ha lottato, in coma, per sette lunghissimi anni, aggrappandosi alla vita con le unghie e con i denti, allora sì, è in quel momento che le cose diventano davvero straordinarie. 42 chilometri visti come un sogno, che Giulia ha potuto realizzare grazie aiRolling Pacers.A parlare alle pagine di SportDonna è lamamma di Giulia, che non si risparmia e ci offre, oltre che parole, tante emozioni legate alla corsa di Giulia. “Vorrei iniziare con queste poche righe per far comprendere chi è Giulia, una persona vittoriosa”. Ed eccole, qui di seguito, le sue parole:“Una nuova storia inizia dalla sfida di una singola persona. Una grande vittoria nasce dalla lotta di un individuo. Nulla cambierà finché continueremo a lamentarci delle circostanze, lasciando tutto in mano agli altri. Più cambiamo noi, più cambia il mondo. Non evitare lo sforzo. Bisogna assolutamente superare le difficoltà. Non c’è altro modo per costruire il tesoro della tua vita, così potrai dire: è stata un’esistenza meravigliosa, ho vinto! Chi vive così, è una persona vittoriosa”.Ma chi è Giulia?“Giulia era una ragazza come tante, molto intelligente, studiosa e senza troppi grilli per la testa”ci confessa la mamma, che da qualche anno è diventata la sua voce. “Dico ‘era’ poiché il 24 marzo 2004 è entrata in coma a seguito di un aneurisma su una malformazione congenita al cervelletto. Da quella data in poi Giulia, dopo aver subito una serie infinita di interventi ed essere stata in coma per sette lunghi anni, ha trovato il coraggio di lottare per tornare e oggi è una ragazza solare che conduce una vita diversa da quella di prima”.Diversa in quali termini?“Diversa non vuol dire meglio o peggio, vuol dire, secondo me, un’altra dimensione di vita, legata allo stare sulla sua sedia a rotelle, poiché non può camminare ma fare solamente piccoli passi con l’aiuto di terapisti. Nonostante tutto questo, frequenta un centro diurno, ha un fidanzato ed una vita sociale come gran parte delle sue coetanee”.Giulia si è resa protagonista di un’esperienza straordinaria. Come è nata l’idea di farle correre la Maratona di Torino?“L’idea di correre una maratona è nata dal desiderio di farle fare un’esperienza diversa dal solito, facendole conoscere persone che si impegnano a fondo affinché lei possa farlo in assoluta sicurezza e con tanto divertimento. Queste persone sono state iRolling Pacers. Con loro Giulia è arrivata a correre la maratona, dapprima provando a fare gare meno impegnative per vedere se il suo fisico potesse reggere una corsa così lunga ed essere spinta per quattro ore e da una 5km è arrivata a correre 42km!”Come si è preparata? Che emozioni ha vissuto?“Prima di una gara, è molto concentrata poiché deve essere sistemata sulla sua carrozzina speciale, indossare il casco protettivo ed essere sicura di essere adeguatamente vestita, ma dopo si emoziona come una vera sportiva, sostenendo ed incoraggiando i suoi Pacers durante tutto il percorso, salutando le persone che incontra al suo passaggio”.Insomma, Giulia è nata per vincere. A questo proposito, c’è qualche altro progetto simile già in programma per il prossimo futuro?“Ci sono parecchi progetti in ballo, ormai Giulia è entrata a far parte di questo bellissimo mondo e non vede l’ora di cimentarsi in altre gare per poter raggiungere traguardi sempre più alti”.Prima hai fatto riferimento ai Rolling Pacers. Chi sono? Che ruolo hanno nella vita di Giulia?“Ai Rolling Pacers va un grazie davvero speciale: sono persone straordinarie che hanno insegnato a Giulia cosa vuol dire unire il sacrificio al divertimento. Sono coloro capaci di sorridere e gioire anche dopo uno sforzo estremo come quello di fare una maratona e, soprattutto, riescono a far provare l’ebbrezza di fare una bella corsa anche a chi che con le proprie gambe non potrebbe farlo mai: per loro la frase “non ce la faccio più” non esiste!”C’è un messaggio che vorresti lanciare a tutti coloro che vivono la propria vita “a metà”?“Il messaggio che mi sta a cuore e che vorrei condividere è che la vita è fatta per essere vissuta a pieno, con o senza disabilità, poiché solamente vivendola si fa tesoro delle tante esperienze e si conoscono tante persone. È un regalo così prezioso che non si deve lasciar scappare neppure un minuto che ci viene regalato. Ci sono momenti in cui ci sentiamo con le spalle al muro, senza via di uscita ma proprio allora si possono aprire davanti a noi nuove opportunità. In quei momenti possiamo trasformare radicalmente la nostra vita, dalla sconfitta alla vittoria, dalla sfortuna alla felicità. “Grazie” è una parola straordinaria. Quando la pronunci scaturisce forza, quando la senti nasce il coraggio”.

Redazione SportDonna

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