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Professionismo per le donne. Nessuna vittoria, siamo ancora indietro. Ecco come stanno le cose

 

Nelle ultime ore toni trionfalistici un pò ovunque, ma la battaglia non è ancora finita. La Commissione Bilancio al Senato ha approvato un emendamento alla manovra che agevola società e federazioni al passaggio al professionismo delle donne sportive, equiparandole di fatto ai colleghi maschi. Nello specifico è stato introdotto un incentivo, da gennaio 2020 e fino al 2022, per le società che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo, vale a dire l’esonero del versamento del 100 per cento dei contributi previdenziali e assistenziali entro il limite massimo di 8mila euro di su base annua.Il provvedimento – una volta approvato – riguarderà tutte le sportive e non solo le praticanti di calcio, pallacanestro, pallavolo e rugby, come inizialmente previsto.Sicuramente un passo avanti ma è preso per cantare vittoria. “L’emendamento della Commissione Bilancio del Senato è sicuramente una bella notizia e va dato merito a chi l’ha proposto e al Ministro Spadafora di avere intrapreso una strada giusta e coraggiosa – spiega Luisa Rizzitelli, presidente di Assist l’associazione che da anni si batte per i diritti delle donne nell’ambito sportivo –  Tuttavia ricordiamo che il provvedimento prevede un limitato sgravio contributivo a favore delle Associazioni che vorranno stipulare contratti di lavoro che inquadrino le atlete (e gli atleti) come professionisti. Allo stato attuale non vi è alcun dovere da parte delle Associazioni sportive di attivare contratti di lavoro professionistici. Cantare vittoria ora non è assolutamente opportuno e sarebbe un azzardo per tutti e tutte coloro che attendono il riconoscimento di un diritto giusto, pensare che tutto sia stato risolto“.Quindi il discorso non è chiuso. “Dobbiamo pertanto attendere la discussione della Legge Delega sullo Sport che ci auguriamo produca decreti attuativi precisi e puntuali. Solo in essi infatti si potrà dare attuazione una volta per tutte a ciò che Assist chiede da oltre vent’anni: stabilire per legge chi debba essere qualificato atleta professionista, con automatico riconoscimento di tutti i diritti che già hanno gli altri lavoratori, sottraendo così alla mera discrezionalità di una sola parte (CONI, Federazioni; Associazioni), che non a caso l’emendamento non è in grado di scardinare, l’inquadramento delle atlete (e degli atleti) e quindi la stipula di contratti di lavoro.Abbiamo fiducia nel lavoro del Ministro Vincenzo Spadafora, ma solo quando saranno stabiliti con precisione i contorni delle condizioni per cui si deve (e non “si può”) inquadrare un’atleta come professionista, allora potremo festeggiare.”Ad oggi nonostante successi, medaglie, fama e fatica tutte le nostre campionesse, dalla nuotatriceFederica Pellegrini alla calciatriceSara Gama, dalla sciatriceSofia Goggiaalla pallavolistaPaola Egonusono riconosciute come “dilettanti”.Qualcosa nei mesi scorsi si era mosso con l’istituzione di un fondo di un milione di euro per il sostegno allamaternitàdelleatlete.  Ogni atleta di alto livello in maternità potrà accedere dietro domanda a un contributo di mille euro al mese per 10 mesi.

Redazione SportDonna

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